Gli induttori di resistenza sono sostanze che attivano e rafforzano i naturali processi di resistenza o di difesa delle cellule nei tessuti delle piante.
Queste sostanze chiamate “elicitori” agiscono sia contro gli agenti patogeni (stress biotici) che contro gli stress ambientali (stress abiotici).
Le specie vegetali hanno sviluppato in millenni di evoluzione un complesso sistema di risposta agli attacchi da parte di microrganismi che potrebbero comprometterne lo sviluppo, basato sulle capacità delle singole cellule di produrre le difese.
È dimostrato che ogni specie vegetale avrebbe gli strumenti per rispondere all’attacco di un patogeno, ma il prevalere di una malattia è determinato dalla tempestività con cui questi strumenti vengono prodotti e attivati.
Continua a leggere per avere maggiori informazioni sull’utilizzo degli induttori di resistenza in agricoltura, per la cura e la salute delle piante.
Come agiscono gli induttori di resistenza nelle piante
Gli induttori di resistenza funzionano da stimolatori: vengono riconosciuti dal sistema immunitario della pianta e sono quindi in grado di attivarlo.
Al contempo però, i patogeni potenzialmente in grado di infettare una determinata specie, hanno sviluppato molteplici strategie che consentono di superare le difese endogene della pianta ospite e garantirsi la propria sopravvivenza.
In natura la pianta quando viene attaccata dagli agenti patogeni, attiva i propri processi di autodifesa, passando da una prima fase di forte debilitazione che ne intacca la vigoria e qualità e di rado ne compromette addirittura la sopravvivenza. Nelle colture agrarie, gli attacchi, le fasi debilitative e la produzione e induzione delle difese, assumono rilevanza differente perché il ciclo vegetativo è finalizzato all’ottenimento di un raccolto che risponda a criteri ottimali sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
La capacità endogena della pianta di autodifendersi dagli attacchi dei patogeni (dagli stress biotici e abiotici) è definita Resistenza. Per indurla e rafforzarla è necessario quindi agire in anticipo rispetto al momento dell’attacco, utilizzando prodotti specifici e mirati a questo scopo: gli INDUTTORI DI RESISTENZA appunto, i quali simulano un attacco fungino/batterico provocando una risposta immunitaria nella stessa pianta, la cosiddetta SAR (Systemic Acquired Resistance – RESISTENZA SISTEMICA ACQUISITA).
Approfondimento: sistema immunitario della pianta, fungicidi e induttori di resistenza
La reazione immunitaria della pianta provocata dall’agente patogeno è proporzionale allo stato fisiologico generale della pianta, che spesso risulta sufficiente a fermare l’aggravarsi dell’infezione.
Il successo del patogeno nell’ infettare una pianta è principalmente dovuto ad una insufficienza della pianta stessa nel produrre autonomamente una forte difesa antimicrobica. In questi casi gli induttori di resistenza aiutano la pianta a ridurre la propria suscettibilità verso gli agenti patogeni.
Una prima linea di difesa autonoma è rappresentata dalle cosiddette “difese costitutive” con barriere meccaniche (es. le cere epicuticolari) e chimiche (es. le fitoanticipine, con funzione antimicrobica).
Quando la spora di un fungo entra in contatto con la superficie della pianta, in presenza di opportune condizioni di temperatura, umidità e luce, inizia il suo processo di germinazione e si trova quindi ad affrontare la prima linea di difesa costitutiva della pianta. Se questa non è sufficiente a fermare lo sviluppo del patogeno e dei suoi organi infettanti, la pianta normalmente reagisce producendo diverse sostanze per contrastare l’avanzata del fungo.
Il riconoscimento dell’agente patogeno da parte della pianta è alla base del processo di produzione di questi meccanismi di difesa endogena. Esso avviene grazie ai recettori molecolari che si trovano nella parte esterna della cellula vegetale.
Una volta individuate le molecole strutturali del patogeno in fase di pre infezione (chitina, polisaccaridi e proteine della membrana), i recettori inviano segnali chimici all’interno della cellula vegetale che scatenano l’attivazione dei geni per la sintesi delle sostanze di difesa. La singola cellula che fa partire questo processo al suo interno, contestualmente, produce anche segnali per le cellule limitrofe che a catena, quindi, garantiscono una risposta immunitaria in ampie zone di tessuto vegetale.
Ogni cellula produce, quindi, il suo arsenale con cui combatte le infezioni dei patogeni.
Nello specifico, i meccanismi di difesa endogena della pianta, determinano:
- l’aumento dello spessore della parete cellulare attraverso la sintesi di callosio;
- la produzione di Fitoalessine, sostanze tossiche per il patogeno, che inibiscono il suo sviluppo;
- la sintesi di proteine specifiche per la difesa cioè le proteine PRP (Pathogenesis related proteins);
- infine, se necessario, la morte cellulare programmata: la parte infestata della pianta programma la propria morte trascinando con sé anche l’agente patogeno.
L’incidenza di una determinata patologia dipende tra tre fattori:
- ospite suscettibile;
- patogeno virulento;
- ambiente favorevole.
L’ambiente è il parametro più difficile da controllare perché quello su cui si hanno meno possibilità di intervento.
Con l’attento utilizzo dei fungicidi si riesce a contenere più o meno efficacemente il parametro “patogeno virulento”, limitando lo sviluppo e la vitalità dell’agente che causa la patologia, il fungo, riducendone quindi la pressione infettiva che questo ha sulla pianta.
Gli induttori di resistenza, lavorando da un’altra prospettiva, intervengono sul paramento “Ospite suscettibile”, riducendo significativamente la suscettibilità della pianta.
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Induttori di resistenza in agricoltura biologica e convenzionale
In condizioni di bassa e moderata pressione infettiva, e specialmente in agricoltura biologica, gli induttori di resistenza possono essere sufficienti a mantenere efficacemente sotto controllo uno o più patogeni, mentre in caso di pressioni infettive più elevate e in agricoltura convenzionale, un loro utilizzo integrato con i fungicidi ottimizza i risultati delle strategie difensive e contribuisce a ridurre significativamente la quantità degli agrofarmaci utilizzati.
Come impiegare gli induttori di resistenza nelle piante
Condizione necessaria per l’efficacia degli induttori di resistenza è la totale assenza di malattia e di agenti patogeni nelle prime fasi vegetative e per qualsiasi coltura.
Va utilizzato in blocchi di trattamenti ripetuti per 3-4 interventi, seguiti da una fase di intervallo, che tipicamente dura 15 giorni per evitare la sovrastimolazione della pianta, per poi riprendere nelle fasi fenologiche successive in abbinamento o in alternanza ai normali fungicidi utilizzati nella strategia di difesa che si è adottata.
A cura di Massimo Pippia
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L’impiego degli induttori di resistenza nelle piante può aiutare a rafforzare i processi di difesa e di resistenza soprattutto in caso di ospiti suscettibili, ossia, piante che hanno insufficiente capacità di produrre autonomamente la difesa antimicrobica. Per eseguire correttamente i trattamenti è necessario l’intervento di un esperto.
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